piątek, 7 grudnia 2012

Prenez mon coeur. Fashion and Religion.



Jessica Stam during Jean Paul Gautier ss 2007
La trovata che Tisci inventa per la collezione Givenchy p/e uomo 2013 non ha niente di nuovo, non solo nella storia della moda, ma anche nella sua personale carriera. L’espediente delle stampe, che aveva usato già per la collezione a/i 2011 (rottweiler, pantere etc), si ripete qui allo stesso modo, solo con altre immagini, esattamente cioè con la Pietà di William Adolphe Bouguereau. Ma Tisci non nasconde la sua fascinazione per la religione cattolica, che lo aveva del resto già tentato per la collezione a/i 2008 e che aveva sviscerato come più gli piaceva nella sessantesima edizione della rivista Visionaire, interamente curata da lui e dedicata al tema Religione.
Il contatto tra moda e religione non c’è mai stato e, per lo meno, non ci dovrebbe essere. La veste religiosa è tale perché ieratica cioè non è soggetta a cambiamenti nel tempo, il suo significato è unico, univoco e immutabile, la sua decorazione non tradisce flessioni estetiche ma funzionalità simboliche. Per questo, quando la moda invade la religione ne nasce sempre scandalo. Non c’è niente di più diverso e, in questo caso, blasfemo del susseguirsi dei cambiamenti estetici accostati alla fissità del principio sacro eppure il contatto tra religione e moda è tanto più naturale quanto più esso accade nell’epoca dei consumi.
La fascinazione degli stilisti per le divise religiose inizia dagli anni’80. Il primo che azzarda è Thierry Mugler, con la sfilata del 1984-85, in cui il principio religioso si limita alla presenza angelica di una Madonna-Angelo che scende dall’alto a fine sfilata per dare l’assoluzione sperata. Figlio degli anni’80 e della religione passionale del sud Italia è anche Gianni Versace, che stampa madonne e icone sacre su fulard, tshirt e giacche di pelle. Se le riprese religiose di Galliano (per Dior) rientrano nella sua eclettica mania del travestitismo e quelle di Lacroix appaiono per lo più come casuali rimandi privi di significati specifici, Pilati per YSL e anche Tisci per Givenchy tentano una rilettura del religioso in chiave minimal, apparendo sobri e anche credibili. Tutti sporadici richiami fino a Jean Paul Gautier, stilista camp per eccellenza, il primo a dedicare un’intera sfilata ad un tema religioso con la collezione primavera/estate 2007. Nulla manca dell’immaginario religioso: l’aureola, il cuore trafitto, le lacrime di dolore, gli ex voto, le immaginette dei santini, il fazzoletto da vedova piangente, la borsetta-reliquiario, la corona da santa, il breviario, la coppa, i raggi della beatificazione, il sangue. Gautier somma senza ordine tutti gli elementi della simbologia sacra, sublimando la sfilata nell’immagine donna-madonna, tale da renderla religiosamente corretta. E in alcuni casi anche bella. L’ispirazione religiosa non finisce certo con Gautier né sembra essere legata a particolari epoche, anzi continua ad essere motivo di ispirazione per fashion editorial di vari tipi (Miles Aldridge,Visionaire, Floria Sigismondi, Asia Argento, Kate Moss, Sasha Grey e l’ormai ripetitiva ma anche iniziatrice Madonna).
Il fastidio che può dare l’uso di cose religiose nel campo della moda non è perché qualcosa di sacro si applica a qualcosa di frivolo. In realtà lo scarto si insinua in maniera più sottile e anche più subdola: se l’immagine religiosa richiede devozione perché rappresenta principi e/o credenze sacre, l’oggetto di moda (vestito, borsa, scarpe, icona che sia) subisce un processo di santificazione per il quale l’oggetto di consumo è talmente desiderato e irragiungibile da diventare sacro. La celebrazione dell’idolo, tipico della religione cattolica di età barocca, è passato con la società di massa, all’adorazione dell’idolo pop. Così gli stilemi che erano propri della santità diventano, di conseguenza, gli stessi dell’icona pop per un processo che non stupisce, anzi, a vederlo bene, è quasi naturale. Nessuna cosa più dell’oggetto moda ha sostituito, con la stessa cieca bramosia, la devozione religiosa. Tisci, che pure non è Gautier né Galliano e cioè pur rimanendo fortemente a distanza da un’estetica camp, eccessivamente confusionaria e pittoresca ma forse per questo più sincera, preferisce la raffinazione di un processo che però, nella sostanza, rimane identico. L’idea di Tisci è basata sulla santificazione dell’idolo modaiolo e, alla fine, di se stesso (lui allattato da Marina Abramovic).
Sorelle Fontana were the first to take inspiration from religion uniforms. After seeing nuns and priests strolling in Rome everyday they created the “Pretino” in 1956, here worn by Ava Gardner. Federico Fellini fell so in love with this dress that he decided to used it for his film “La dolce vita” in 1960. However, Fellini never gave up the interest for religious world and he was the first to imagine a fashion show for vatican officers in his film “Roma” in 1972.
Catholic Church Fashion Show , scene from Roma by Federico Fellini, 1970
William Adolphe Bouguereau (1825-1905): Pieta (1876) VS Givenchy s/s man 2013
Mugler fall winter 1984-85
Versace by Patrick Demarchalier 1991
Dior Haute Couture 2010
Christian Lacroix, bride, Haute Couture 2009-2010
Yves Saint Laurent fall winter2010
Givenchy fall winter 2008
Nicki Minaj with the Pope to the 54th Annual Grammy Awards in a red cape and gown by Versace.
Jean Paul Gautier s/s 2007
Alana Zimmer, lensed by Miles Aldridge for Numéro No. 83 May 2007
photography by Floria Sigismondi
Maurizio Cattelan for W’s Art Issue: he conceived a politically and religiously charged portfolio featuring supermodel Linda Evangelista.
Photo by Helmut Newton 1983 Gioielleria Prada e Ugo Correani Vogue Italia, dicembre 1983
Madonna in the 80′s
Madonna by Alas & Piggott for Interview Magazine, 2010
Like a Preyer, Madonna 1989. The most religious video and song ever made.
Madonna in La Isla Bonita video (1986)
Madonna in Oh Father video (1989)
Madonna during Confession on a dancefloor tour, 2006

Brak komentarzy:

Prześlij komentarz